La città

LA STORIA DI TERMOLI

a cura della Dott.ssa Lucia Checchia - dottore magistrale in Archeologia, Beni Culturali e Turismo

Termoli, una città di mare, trasformata in seguito alle tante ricostruzioni operate dopo i terremoti e i maremoti dell’antichità ma anche in seguito allo sviluppo commerciale e urbano. Un borgo marinaro, divenuto oggi una città che desidera ardentemente rinnovarsi, essere ospitale senza mai dimenticare la sua vocazione squisitamente turistica che, seppur ancora in fase embrionale, resta il punto di forza di questo centro.

Fino al 1847 la vita dei termolesi si è svolta all’interno delle mura medioevali del borgo antico. Quella che un tempo era la campagna coltivata a viti, ulivo e grano pian piano si è rivestita di cemento dando vita alla Termoli di oggi. Il borgo ha perso il suo caratteristico aspetto di isolotto. La costruzione del porto, tanto sospirata e sofferta, ne ha trasformato notevolmente l’aspetto. Grazie ad esso, in pochi anni, si è potuta sviluppare una consistente flottiglia di motopescherecci dalla cui attività traggono beneficio i pescatori e la città. Il canale Portiglione è stato riempito e il borgo è ora parte integrante dell’abitato nuovo. Le spiagge, un tempo scalo di alaggio per paranze e battelli, sono un susseguirsi di stabilimenti balneari che d’estate pullulano di turisti italiani e stranieri. Delle torri costiere, un tempo vigili sentinelle del territorio, non restano che ruderi e quei trabucchi che un tempo erano un mezzo di sussistenza per molti, ora sono una semplice attrattiva turistica. In una lenta e inarrestabile metamorfosi il paesaggio si è trasformato sotto i nostri occhi, giorno dopo giorno, ora dopo ora. L’unica cosa che non è mai cambiata con il tempo è lo stretto legame che unisce Termoli al suo mare, un mare che ha da sempre rappresentato l’unica ragion d’essere della cittadina e ne ha caratterizzato profondamente la vita in tutti i suoi aspetti, economici e sociali, religiosi, culturali e politici.

l piccolo borgo medioevale di Termoli sorge su un promontorio roccioso proteso sul mare Adriatico, su quel lembo di costa molisana un tempo abitata dai Frentani. Gli stretti e tortuosi vicoli raccontano la storia di un passato le cui origini sono legate al mare e ai traffici commerciali e militari che su di esso si sono svolti nel corso dei secoli. Gli abitanti di Termoli vissero all’interno del borgo per secoli, fino al 1847, anno in cui Ferdinando II, in visita alla cittadina termolese, ne autorizzò la costruzione fuori le mura (extra moenia) definendo il tracciato dell’attuale Corso Nazionale sul quale prese il via la costruzione del borgo nuovo. Seguì la demolizione di parte delle mura vicino al castello e la creazione di un nuovo accesso al borgo antico. Il mare ha da sempre rappresentato una risorsa straordinaria e, grazie alla pesca, anche un’importante fonte di sussistenza. Per tutto l’Ottocento la popolazione era dedita in modo marginale a questa attività mentre l’economia era legata prevalentemente ai lavori agricoli e allo sfruttamento della terra. Solo nel primo Novecento ci furono dei cambiamenti radicali in tal senso che caratterizzarono un periodo di relativo sviluppo, testimoniato da studi locali e più recentemente da alcune ricerche specifiche di settore. L’esperienza marinara racconta gli albori di una pesca praticata con le imbarcazioni a vela che precedette l’avvento delle barche a motore. Le prime imbarcazioni non consentivano certo l’allontanamento dalla costa per ovvie ragioni di sicurezza e perché non avrebbero retto mai la forza del mare aperto. L’imbarcazione caratteristica era la paranza che pescava in coppia con un’altra (“a paro”). Oltre alle paranze erano utilizzati i battelliche erano differenti dalle paranze per forma e per le note dimensioni ridotte. Alla fine degli anni Trenta, in seguito all’introduzione del divergente, anche il battello iniziò a praticare la “pesca a strascico”, una novità rispetto al passato quando queste piccole imbarcazioni venivano utilizzate esclusivamente per la piccola pesca (sarde, sogliole e vongole) o per trasportare a terra il pesce prelevato dalle paranze. Oltre alle paranze e ai battelli, grazie all’introduzione di particolari attrezzature, vennero utilizzati anche altri metodi di pesca come ad esempio la “vongolara”, la “sciabica”, la cosiddetta “petarola” o “sciabichetta”, il “saltarello”, le “nasse” e la “sfogliara”. Le macchine da pesca per eccellenza erano senz’altro i cosiddetti “trabucchi” (o trabocchi) posizionati a margine della costa termolese dalla marina di S. Antonio, passando per il porto e Rio Vivo, fino a giungere alla foce del Biferno. Fonti orali raccontano di un primo trabucco costruito, intorno alla metà dell’Ottocento, da un pescatore della zona, Felice Marinucci, che costruì questo bilanciere sulla marina di S. Pietro, nei pressi della propria abitazione, a ridosso del Borgo. Con il passare degli anni la presenza di queste macchine da pesca si sviluppò su tutta la costa termolese. La peculiarità di queste palafitte sul mare era quella di utilizzare il molo come base d’appoggio anche se dal 1930 in poi, essendo il porto di Termoli in fase di continua espansione ed evoluzione, i trabucchi venivano spesso spostati in conseguenza dei lavori portuali. Oggi di quelle antiche costruzioni sul mare non c’è più traccia. Ne sono stati costruiti altri, su modello di quelli antichi, sul molo sud e sulla marina di S. Antonio ma con delle caratteristiche rispondenti ad esigenze odierne. I trabucchi sono comunque l’ultimo tentativo di recuperare un pezzo di storia in chiave turistica. Dagli inizi del ‘900 il mare è stato per la città di Termoli anche una via di divertimenti ed evasione. Nel 1903 infatti nacque il primo stabilimento balneare ubicato sulla marina di Sant’Antonio grazie all’intuizione della ditta “Antonio Bontempo &C”. Nel 1920 fu poi la volta dello stabilimento balneare “Nettuno” realizzato da Bassantonio Sciarretta. L’elegante struttura aveva le proprie fondamenta nell’acqua e ad ogni fine estate veniva completamente smontata. La struttura era dotata di cabine o spogliatoi, di un bar o sala d’intrattenimento e rimase in funzione fino alla fine della seconda guerra mondiale quando la sua struttura lignea fu requisita dalle truppe inglesi. Nel 1925 fu la volta del Lidodelle Sirene, poi del lido Panfilo nel 1937 che, diversamente dagli altri, prevedeva una struttura in muratura con cabine, ombrelloni, sedie sdraio e bar. Tutto questo non poteva che rappresentare lo sviluppo e la crescita di un turismo balneare. A supporto della progettualità turistica fu la costruzione dell’attuale via Mario Milano che, insieme alla posizione strategica della ferrovia, consentiva alla città di essere raggiunta con più facilità da chi proveniva dalle località limitrofe. Questa importante strada era un punto di raccordo tra la stazione ferroviaria e il mare. Su via Mario Milano, infatti, nacquero i primi alberghi e le prime attività di ristorazione. Fino agli anni ’50 si può essenzialmente parlare di un turismo regionale costituito in gran parte da viaggiatori provenienti dai piccoli paesi del Molise. Un turismo vivo solo nei giorni di festa e che cominciò a divenire “di massa” solo con l’avvento dello sviluppo industriale nella zona del basso Biferno. Oggi sono presenti, sia sul lungomare Nord che sul lungomare di Rio Vivo, lidi balneari e strutture ricettive che d’estate ospitano turisti italiani e stranieri.

Per concludere non possiamo non menzionare il porto che ha rappresentato non solo ricchezza per la popolazione locale ma un volàno di sviluppo per l’intera Regione. Localizzato ad est del borgo antico, il porto di Termoli, unico approdo molisano, è un porto polifunzionale attivo sia a livello commerciale e marittimo sia a livello turistico considerando che il flusso dei passeggeri per le Isole Tremiti e la Croazia ha raggiunto in questi ultimi anni le 250mila unità. Nasce prevalentemente come approdo per i pescherecci ed ospita circa 120 imbarcazioni di cui 10 per la piccola pesca impiegando circa 500 operatori. Sul molo nord si è sviluppata con gli anni la cantieristica navale, mentre sul molo sud è stato realizzato un porticciolo turistico. Sulla base di quanto detto finora appare chiaro come sia necessario, se si vuole raggiungere un più sano ed equilibrato sviluppo economico, tracciando le linee guida di una progettualità permanente che non stravolga la natura e la vocazione turistica ed eno-gastronomica di una cittadina che resta sempre e comunque il fiore all’occhiello della Regione Molise, non perdere mai di vista lo stretto legame tra Termoli e il suo mare.

Curiosità

Allo scopo di tutelare la decenza e la moralità nelle pubbliche spiagge, il 20 giugno del 1928, l'allora Podestà di Termoli emanò un’ordinanza con la quale autorizzava i bagni dalle ore 5 del mattino alle ore 20. Sempre con la stessa ordinanza egli riservava le spiagge di S. Antonio e Rio Vivo all’impianto di stabilimenti balneari e dei casotti precisando che le donne potevano bagnarsi sulla scogliera sottostante alle mura del Borgo Vecchio e gli uomini sulle spiagge purché si svestissero alla distanza di almeno 500 metri dagli ultimi casotti privati.

Si vietava inoltre di fare il bagno nella spiaggia di S. Pietro, nella zona dei lavori portuali permettendo alle donne di bagnarsi nel tratto prospiciente il terreno D’Andrea e sino al trabucco Marinucci e agli uomini nel tratto susseguente, sino al limite del Rio Vivo. Le donne, nel bagnarsi, dovevano indossare il costume da bagno o una lunga camicia, gli uomini le mutandine con il costume da bagno. Era vietato passeggiare o soffermarsi sulla spiaggia in mutande da bagno o in camicia o comunque senza essere decentemente coperti. Gli uomini non potevano soffermarsi in prossimità dei bagni delle donne o recarsi a nuoto o in barca nelle loro vicinanze. I trasgressori erano tenuti al pagamento di una contravvenzione e deferiti all’autorità giudiziaria.